LE NOM DES GENS è la lezione infinitamente rallegrante di come si possa ridere a fare pensare, provocare ma intenerire, sovvertire riuscendo a poetizzare. Essere spregiudicati ma mai volgari, intelligenti e non pedanti: parlando della Shoah e di libertà sessuale, immigrazione e identità nazionale, coerenza politica e rapporti famigliari.

E' l'affresco paradossale e commovente dietro lo spasso di una società dai pregiudizi supposti razionali che ruota attorno al personaggio di Bahia Benmahmoud: parigina fino alle ossa ma algerina di origine, che ha deciso di andare a letto con tutti gli uomini di destra che incontra, allo scopo di convincerli (indovinate a quale preciso istante?) a cambiare d'opinione. Gira distrattamente nuda nel metro (e Leclerc ha il coraggio di filmarla), sotto gli occhi amorosi e esterefatti di Arthur Martin; segnato, lui, dal peso di portare fin dalla nascita lo stesso nome del materiale da cucina più diffuso da sempre in Francia. Un testimonio sobrio, fra i tanti indovinatissimi: che adora Lionel Jospin, e ne sarà ricompensato in una delle sequenze più sorprendenti di una commedia non a caso trionfante fra premi e botteghini di Francia.